Grazie al Web, dell’origine della festa del Redentore, che ricorda di quando Venezia si salvò dalla grande peste del 1575, dovreste ormai sapere più o meno tutto.
Vi manca soltanto un consiglio per godere davvero dell’atmosfera unica della festa. Ci sono sostanzialmente tre modi per vivere la serata: chi alloggia in centro può raggiungere dopocena i punti migliori per osservare i fuochi – da piazza s.marco sino a S.Elena passando per riva degli schiavoni, ma i veri Veneziani tendenzialmente sceglieranno due delle restanti alternative, altrettanto allettanti. La prima consiste nel sedere a cena ad uno delle centinaia di tavoli che i residenti della Giudecca preparano lungo le rive del canale omonimo per tutta la lunghezza dell’isola, dal Molino Stucky – cioè qui dove ci troviamo – sino alle Zitelle. Lo spirito del Redentore è tutto nella convivialità spontanea di quest’usanza, una sorta di picnic che i residenti fanno a pochi metri da casa. Certo, la cosa va preparata con un certo anticipo, visto che la superficie dell’isoletta non è infinita. Parecchi giorni prima della festa, gli spazi sulle fondamente vengono segnati con il gesso o nastro adesivo, ognuno col numero civico della casa di chi lo andrà ad occupare. Non è raro assistere a discussioni anche molto accese tra autoctoni, ognuno convinto del proprio diritto (“questo è il mio posto da dieci anni!), ma quasi mai tali discussioni riescono a rovinare la serata.
Ad ogni modo, chi non abbia voglia di contese territoriali può optare per il Redentore più veneziano in assoluto: la cena in barca, che non deve essere necessariamente uno yacht, anzi nella maggior parte dei casi è davvero piccola, a bordo della quale ci si piazzerà proprio nel bacino di S.Marco. Questo è senz’altro il modo più suggestivo di passare la serata del Redentore, e forse quello più vicino allo spirito della città, stando al detto locale “barca xe casa” (“boat is home”) – se non temete il fumo dei fuochi d’artificio, beninteso…